Nei suoi muri la memoria di quei tempi tragici e lontani

“Il Castello di San Zeno e il Mastio di Ezzelino”

 

Se il personaggio di Ezzelino, in testa al suo corteo di corruschi “fantasmi” a cavallo, eccita la fantasia degli spettatori del Palio dei Dieci Comuni del Montagnanese con reminiscenze di tragiche, bellicose vicende affioranti nella rievocazione folkloristica dalle nebbie di ben sei centurie di secoli, nella città antica dove transita il suo cupo drappello, è rimasto di lui qualcosa che si impone con altrettanta, se non maggiore, forza di suggestione.

E’ il possente mastio del Castello di S. Zeno, ammirevole emergenza architettonica della ancora quasi intatta cerchia
murata medioevale, che s’innalza superbamente sulle campagne circostanti con la sua quadrata e massiccia mole alta più di un palazzo di dodici piani. L’alto baluardo risale al XIII secolo ed è opinione degli studiosi che esso sia stato eretto verso il 1242, dopo che Ezzelino, con le sue schiere di veronesi, tedeschi, montanari e saraceni, riuscì, occupando Montagnana, a far fuggire a Rovigo il marchese Azzo VII d’Este.

Accadde nella notte del 25 marzo 1242:

“…et in mense martii, Dei judicio, Montagnana concremata est, quod audiens Eccelinus et statim illuc veniens, eam occupavit (dal Liber Regiminum Paduae);”

…osservando che molti incendi si levavano quasi d’improvviso (il marchese Azzo VII), notò il tradimento e la nequizie. Quindi, avendo egli stesso comandato che si ponesse il fuoco, ritornò incolume e menò seco quanto potè per la loro salvezza…Il dì dopo Ezzelino ebbe Montagnana abbruciata e per alcuni giorni vi pose stanza con la sua milizia. Vi costrusse un castello (dal Rolandino).

“…et in quelo ano adì 25 marzo uno fogo grande si bruxo il castello de Montagnana, e messer Henrigo podestà in Montagnana e messer Icerin da Roman cum li Veronesi si entrà in Montagnana; e si la rifè; refazendola i ge fè uno ziron de la tera seu rocha” (Paride da Cerea). “

…e inanzi che si partisse, fece dar principio a un forte e bel castello, il quale con una larga fossa et una bella muraglia fu fortificato, come al presente si vede” (Pietro Gerardo). “

…i Veronesi ed Eccelino, avuta Montagnana, la fecero racconciare per tenerla, facendogli le porte e instaurando le muraglie” (Saraina).

Il mastio del Castello di S. Zeno, nella sua forma e nella piramide di base, rivela effettivamente le caratteristiche tipiche delle fortificazioni sveve. Dice il Giacomelli “…E’ diffusissima opinione che il nostro Castello di S. Zeno con la sua alta torre quadrata appartenga ai fortilizi ezzeliniani”; sottolinea inoltre “…la notevole somiglianza della torre con quelle, per certo ezzeliniane, di Bassano, di Padova e di Cittadella”. Nei quasi quattordici anni di dominio ezzeliniano, di fatto vi fu tutto il tempo (ed anche la necessità) di munire Montagnana con idonee fortificazioni prima che gli eventi storici portassero al disastro del partito imperiale. La torre di S. Zeno è impregnata nei suoi muri della memoria di quei tempi tragici e lontani. Nel corso dei secoli passò di mano varie volte ed ebbe pure una o due sopraelevazioni. Sulla sua facciata orientale, i dominatori di turno, fecero dipingere le loro insegne araldiche in un grande riquadro intonacato di cui restano oggi pochi irriconoscibili brandelli. L’altezza della costruzione è di circa trentanove metri e, un tempo, all’interno stavano sette solai di legno ai quali si accedeva con scale a pioli che potevano essere prontamente ritirate all’occorrenza. L’accesso non era al piano terreno ma ad oltre sei metri di altezza e, per entrare, si doveva passare per tutti i dispositivi di guardia e di difesa del castello. Nonostante da fuori appaia di larghezza uniforme, all’interno i muri si vanno assottigliando mano a mano che si procede verso l’alto, di piano in piano, passando dagli oltre due metri e quaranta di spessore della parte bassa (sopra la scarpata) ai novanta centimetri circa della corona finestrata sommitale che risale a periodo più tardo. Numerose sono le feritoie che si aprono sui lati alle quali corrispondono, dalla parte interna, strane ed interessanti strombature grandi tanto da ospitare comodamente un uomo in piedi: veri e propri nicchioni ricavati nello spessore della muraglia dove si annidavano i balestrieri.

Questo castello, nella sua storia, vide l’alternarsi degli Estensi, di Ezzelino e dei suoi imperiali, delle milizie della Repubblica comunale padovana, di Cangrande, dei Carraresi, dei Visconti e ancora dei Carraresi; infine, quasi stabilmente, furono i Veneziani a tenerlo fino al periodo napoleonico; poi, fino all’unità d’Italia, vennero gli Austriaci.