a cura di Leone Parolo
“Rocca degli Alberi”
La Rocca degli Alberi fu costruita per volere di Francesco il Vecchio da Carrara tra il 1360 e il 1362 a baluardo contro le minacce delle Signorie contermini e a presidio della porta della città verso ovest (a est esisteva già il potente Castel San Zeno).
Architetto fu Franceschino de’ Schici che inserì il fortilizio tra i due tratti di mura più antichi, fatti costruire nel XIII secolo dal Comune di Padova, probabilmente in sostituzione di una precedente bertesca, e a completamento del progetto di ristrutturazione dell’intera cinta iniziato verso il 1340.
La Rocca, ottimamente conservata e poco modificata dai restauri, rappresenta, con la cinta murata e il Castel S. Zeno, uno degli esempi più significativi di architettura militare medievale in Italia e in Europa.
E’ costituita da tre corpi di fabbrica: il passaggio o androne, il torrione orientale e il mastio, munito di merlatura aggettante su arcatelle con piombatoie. Verso campagna e verso città completano il tutto due ponti merlati (rivellini), dei quali quello verso città parzialmente interrato.
L’efficacia dello sbarramento era affidata ad una serie di dieci chiusure mobili: 4 ponti levatoi con relative passerelle pedonali, 4 portoni barricabili e 2 saracinesche. Sono ancora in loco le due saracinesche e i due portoni del ridotto centrale. Per entrare o uscire dalla città era perciò necessario subire il controllo di cinque unità di chiusura. Queste unità agivano come compartimenti stagni e venivano aperte o chiuse in successione con distinti corpi di guardia. Nel mastio si poteva entrare dal terzo ridotto, verso città, attraverso il torrione orientale, per ritornare al secondo piano del ridotto centrale e da questo, per una botola, al mastio. Torrione e mastio erano forniti ciascuno di pozzo per l’acqua potabile e di magazzino per l’approvvigionamento della guarnigione; al piano terra del torrione era una piccola scuderia. In diversi piani erano camini con focolare e canna fumaria; esistevano latrine. L’androne aveva quattro piani scoperti per sottostare alla vigilanza del mastio; sei piani aveva il torrione e otto erano quelli del mastio. L’ottavo piano del mastio, era terrazza, era coperto con tetto piramidale sormontato da una garitta per l’avvistamento e segnalazioni ottiche. I meccanismi di manovra dei ponti levatoi erano a bilanciere a contrappeso, fulcrato su architravi. Le passerelle pedonali dei due rivellini erano azionate con verricelli; quelle della rocca con bilancieri a contrappeso. Le due saracinesche erano azionate con verricelli collocati al secondo piano del ridotto centrale. La rocca era circondata anche dalla parte di città, da ampio fossato che si poteva allagare manovrando apposite chiaviche. Sia dal lato di campagna che da quello di città, sopra le porte, sta un trittico di lapidi araldiche marmoree, in parte scalettate, e una iscrizione pure abrasa. La lapide di sinistra portava scolpito il “carro” dei Signori di Padova, quella centrale un elmo con camaglio ed uno scudo (probabilmente l’arma personale di Francesco da Carrara), quella di destra la “croce” del Comune di Padova. Sulla lapide più piccola, al centro, stava un’iscrizione celebrativa in esametri latini con la data e il nome del committente. La rocca degli Alberi ebbe un ruolo importante nelle varie fasi della lotta fra Carraresi e Scaligeri. Nel 1405 il podestà carrarese Tommaso da Mantova resistette a Venezia fino allo stremo, asserragliato nella rocca.
Dopo le secolari e drammatiche vicende militari, oggi la Rocca degli Alberi rivive un nuovo ruolo con la sua trasformazione in “Ostello della Gioventù” (1964: Ostello di tipo esemplare A.I.G. e I.Y.H.F.). L’insieme dei volumi architettonici è assai scenografico e tale da esprimere ancora oggi un senso di grintosa potenza; esso caratterizza con la sua mole merlata il profilo della città, cospicua testimonianza del fascino della storia.